Capitolo quarto

Verso Hap

 

 

Quella piovosa sera di Uktar, alla famosa Locanda del Vecchio Teschio di Shadowdale i clienti stavano ascoltando i racconti di Eilandur il mezz’elfo già da mezz’ora. L’arpista era formidabile ad intrattenere il pubblico con storie avvincenti ma sincere: si trattava delle recenti avventure delle quali lui stesso era il protagonista, insieme a Kal il nano, Banedon lo gnomo, Dragan il combattente, la vagabonda Lucy e la misteriosa Loreena. Di questi, soltanto Lucy non faceva più parte del gruppo, mentre tutti gli altri erano seduti al tavolo ad ascoltare, indagati uno per uno dall’occhio curioso del pubblico in quei momenti in cui erano nominati nel racconto.

“Nel pomeriggio preparammo il carro e ripartimmo dal maniero di Aencar, diretti ad Hap. Appena in marcia, riflettemmo su quanto sarebbe stato arduo trovare lo stregone che l’uomo ci aveva descritto dandoci così pochi indizi. Kal il nano era piuttosto fiducioso, mentre molto pessimisti erano mia sorella Loreena e lo gnomo Banedon. Poveri stolti che siamo stati, tutti noi: avrete già capito dal mio tono di voce, cari miei ascoltatori, quanto fummo tutti ingannati dalle supplichevoli parole che quell’uomo, Jontan Kliver, ci aveva rivolto nei sotterranei del Maniero di Aencar! Ma non ci deriderete, uscendo da questa Locanda, perché la nostra ingenuità è stata quella degli eroi, che leali e onesti ascoltano le disperate richieste d’aiuto senza immaginarsi quali inganni possano nascondere. Kliver ci raccontò di essere schiavo dei Cultisti del Drago, ma in realtà lui stesso era uno di loro, forse addirittura un capo; ci raccontò quelle menzogne per prendere tempo e, mentre eravamo in marcia per Hap, lui e i suoi meschini confratelli si prepararono al combattimento e trovarono un luogo, all’interno della foresta, dove tenderci una vile imboscata. Questa avvenne due giorni dopo, la mattina di Gran Raccolto. Vogliano gli Dei, buoni o malvagi, sempre punire gli sleali e i disonesti! Il vile Kliver, armato fino ai denti, incitò i cultisti alla carica cogliendoci di sorpresa: sette erano i nostri avversari. Lo scontrò fu furibondo, Kliver faceva roteare la sua mazza con grande abilità, e la povera Lucy non potè resistere ai suoi tremendi attacchi, mentre tutti noi eravamo impegnati in un aspro scontro con i suoi compagni. La ragazza cadde a terra e Kliver, prima di scagliarsi sul suo prossimo avversario, rivelò a tutti noi la sua vera natura: chiese aiuto alla sua Dea invocando magie di protezione. Il cane era un seguace di Loviatar, la Dea perversa che incita i propri fedeli a provare piacere nel torturare ed essere torturati. Io, Dragan e Kal affrontammo gli avversari con ardore, mentre Loreena e Banedon riuscirono a trovare una posizione perfetta per supportare il nostro combattimento con le loro magie. Così i nostri avversari caddero uno dopo l’altro. Kliver il vigliacco, rimasto solo, cercò di fuggire facendo uso dei suoi incantesimi, ma il prode Dragan fece in tempo a farlo piombare in una zona di silenzio, la magia che non permette di pronunciare nemmeno una singola sillaba. Non potendo recitare le sue parole magiche, Kliver cercò di fuggire con le sue gambe, ma venne preceduto dallo stesso Dragan che con un balzo lo colpì alla schiena con la sua possente Naamarin. Così anche il sacerdote di Loviatar cadde e lo scontro fu vinto, seppur con una perdita grave. Io e mia sorella Loreena ci affrettammo a raggiungere Lucy, ma il suo polso era freddo e muto. – Dobbiamo caricarla sul carro e portarla fino ad Hap – esclamai – là, al tempio di Lathander, c’è la Sacerdotessa Cathalandra Dovaer. La conosco e nelle vicinanze è l’unica che la può aiutare. Se non lo facciamo rischiamo di perderla del tutto! –. Guardai i miei compagni, i quali silenziosamente annuirono. Preparammo il carro mentre Banedon esaminava rapidamente i corpi dei nemici. Infine ripartimmo per Hap. ”

Eilandur fece una pausa per bere. Oramai era tardo pomeriggio e fuori faceva buio. Dalle cucine della locanda già si stavano apprestando a preparare la cena da servire agli ospiti. I racconti del bardo mezz’elfo avevano attirato un po’ di clienti e il locale si era lentamente riempito. Kal si fece portare qualcosa da mettere sotto i denti in attesa del pasto e Dragan assaporò un po’ di vino locale. Loreena fissava un punto vicino ad una finestra, ma aveva gli occhi persi nel vuoto. Però qualcosa dietro al vetro appannato ridestò la sua attenzione. Qualcuno da fuori si era avvicinato alla finestra e stava scrutando il salone della locanda. Dopo qualche secondo, se ne andò. Loreena si chiese chi mai se ne stava la fuori sotto quella pioggia senza decidersi ad entrare in locanda. Proprio in quel momento il fratello stava ricominciando il suo racconto.

“Amici, miei ascoltatori. Vi avevo appena raccontato della grave situazione capitata alla nostra amica Lucy Longairn da Ordulin. Temavamo che Hap fosse ancora molto lontano e proseguimmo la marcia più a lungo del previsto, anche un poco con il buio, prima di accamparci. In tarda mattinata del giorno successivo, il primo di Marpenoth, arrivammo finalmente a destinazione. Per chi di voi non fosse mai stato ad Hap, dirò che è un villaggio molto suggestivo. Nel bel mezzo della foresta del Cormanthor sorge la collina chiamata ‘Dente di Hap’, resti di un antico vulcano che assomigliano ora ad un dente grigio-bianco il quale fuoriesce dal manto di querce e che torreggia sul villaggio, poco più di una dozzina di case di legno, il palazzo del governatore Elphron Pharlyn, il tempio, qualche casa di taglialegna e quella dell’erborista. Non faticammo molto a trovare il tempio, la struttura di pietra più imponente di tutto il villaggio, centro di moltissime attività oltre che luogo d’incontro popolare. Quando ci fermammo dinnanzi ai gradini di pietra che conducevano al portone, molti ragazzini che vi erano seduti e stavano ascoltando le parole del loro insegnante si alzarono e si avvicinarono incuriositi. Alcuni sacerdoti però fecero allontanare tutti quando Kal e Dragan tirarono fuori il corpo di Lucy su una barella. Io chiesi della sacerdotessa dell’Alba e fui accompagnato dentro al tempio. Appena Cathalandra Dovaer, la quale stava aiutando alcuni sacerdoti a rimontare alcune tappezzerie appena ripulite, notò la mia presenza, mi venne incontro aprendo le braccia in segno di abbraccio e sorridendo, ma appena vide la barella entrare dal portone si fermò e il suo volto si scurì. - Eilandur Bergenor, è un piacere rivederti amico. Ma quali tristi avvenimenti ti conducono qui? - mi chiese avvicinandosi al corpo di Lucy. - Potete fare qualcosa per lei? Gentile Cathalandra? Le tue arti curative eccellono e la tua generosità è grande. Lucy Longairn, nostra compagna di avventura, è caduta in combattimento contro malvagi adoratori del Drago -. La sacerdotessa avvicinò la mano al volto della ragazza e le sfiorò la fronte, poi disse: - Portatela laggiù, su quelle panche vicino all’altare - . Kal e Dragan fecero quello che la Sacerdotessa aveva chiesto, e tutti ci avvicinammo all’altare, sopra il quale vi era disteso un bellissimo panno dorato, con ricamato il simbolo del dio Lathander, l’Alba Lucente. Sul panno c’era un contenitore composto da una base di legno e una cappa di vetro; dentro era riposta una famosa e importante reliquia: il Sangue di Lathander, quattro gocce di sangue del dio fissate dentro un pezzo di ambra scintillante. Un oggetto unico, sacro e di inestimabile valore. Cathalandra chiese di farle più spazio, con energia avvicinò la panca di legno dove giaceva Lucy ancor più all’altare, e sbottonò un poco la veste della ragazza, scoprendole il petto e una parte di seno. Poi si inginocchiò davanti all’altare e, abbassando il capo, pronunciò una sommessa preghiera. Dopo pochi istanti si rialzò, sollevò la cappa del contenitore di vetro e toccò la reliquia. Recitò ancora una frase di preghiera, tolse la mano dall’oggetto e tutti noi vedemmo l’ambra sollevarsi leggermente. Cathalandra la prese con cura e la portò sul petto di Lucy. Una luce riscaldò la pelle della ragazza e diede ai nostri occhi una sensazione di mistica eccitazione. Poi la sacerdotessa ripose la reliquia nel contenitore richiudendolo con la cappa di vetro. Banedon ruppe il clima di silenzio esclamando, seppur con tono moderato: - Guardate, Lucy ha mosso una mano! -. La sacerdotessa sorrise e portò un dito alle labbra, sussurrando: - Non parlare così forte in presenza del Sangue di Lathander, mio piccolo amico. La ragazza si riprenderà, ma ci vorranno tre giorni perché possa riacquistare le forze -. Kal e Banedon guardavano con stupore l’accaduto, perché non avevano mai assistito ad una resurrezione. Cathalandra fece cenno a due sacerdoti di portare via la barella con il corpo di Lucy, e ci pregò di seguirla allontanandoci dalla reliquia. - E’ un privilegio per noi averlo qui. Mi riferisco al Sangue del Dio. Rimarrà fino alla fine del mese, poi verranno alcuni paladini e lo porteranno al tempio di Lathander di Archenbridge - . - E’ veramente il sangue del Dio? - chiese Loreena. La sacerdotessa rispose con tono profondamente devoto: - Certo. Alcuni secoli fa, per affrontare il malvagio Sammaster, fondatore del Culto del Drago, alcuni sacerdoti di Lathander chiesero aiuto al Dio, il quale scese di persona e affrontò il mago. Questo, il quale era un prescelto della dea della magia Mystra, venne sconfitto ma riuscì a ferire ugualmente il dio, e quattro gocce del suo sangue furono versate. Accadde proprio vicino ad Hap -. Io e Dragan avevamo già sentito narrare questa fantastica storia, ma gli altri erano davvero strabiliati. Ringraziammo moltissimo la sacerdotessa per ciò che aveva fatto e decidemmo di cercare una locanda dove dormire nell’attesa che Lucy riprendesse le forze. Kal, visitando il villaggio, fece un incontro che gli procurò moltissima gioia: il proprietario della più importante bottega del paese, Delmuth, era un vecchio nano, guerriero in ritiro. I due passarono molto tempo ed ebbero molte cose da raccontarsi. Delmuth era stato costretto a rinunciare a qualsiasi attività fisica per colpa di una strana malattia che gli aveva di colpo paralizzato una gamba: un peccato per un combattente così valoroso”. Kal il nano, dal tavolo dove stava sorseggiando una birra mentre ascoltava i racconti di Eilandur, si alzò e con foga interruppe il bardo esclamando: “Ma vai avanti, elfo! Vai avanti a parlare e racconta a tutti cosa fece Delmuth figlio di Korton!”. Il pubblico rise divertito, ed Eilandur rispose: “Certamente! Delmuth trascorse ancora qualche giorno da vero guerriero, in nostra compagnia. Perché sappiate che il nostro soggiorno ad Hap non fu soltanto di attesa e di riposo. C’era un posto che valeva la pena di essere visitato: la pericolosa Torre di Dracandros!”