Capitolo terzo

Il maniero di Aencar

 

 

“Dunque fu fatto tutto ciò che doveva essere fatto, e le nostre avventure all’interno del maniero di Greystaff ebbero termine”. Eilandur trasse un lungo sospiro al termine del suo racconto e notò con soddisfazione che il suo pubblico era molto attento. Anche se la Locanda del Vecchio Teschio non era particolarmente affollata quella sera, almeno non quanto lo è in altre occasioni, un discreto numero di ascoltatori si era avvicinato al palchetto sul quale il bardo mezz’elfo aveva raccontato la sua storia. Eilandur Bergenor aveva un modo di narrare attraente ma allo stesso tempo molto sincero e naturale, senza aggiungere nulla con il solo intento di rendere più avvincente il racconto: la gente apprezzava molto questo, perchè a Shadowdale erano abituati a sentire tantissime storie, molte delle quali avevano più cose inventate o esagerate di quanto non fossero quelle veramente accadute. Un ragazzo di una fattoria vicina esclamò: “Dicci cantastorie, dove è finita la ragazza, Lucy? Non c’è più qui con voi ora!”. Il bardo alzò una mano e disse: “Aspetta amico, come vi ho detto prima il racconto è lungo e le nostre avventure nelle Valli a sud non sono ancora terminate, anzi ora si fanno ancor più interessanti”. Tutti quelli che già stavano allontanandosi dal palco ritornarono sui loro passi e da un tavolo alcuni signori girarono le sedie verso Eilandur, per ascoltare più comodi. Il mezz’elfo sorseggiò un po’ d’acqua da un bicchiere che Jaele, la locandiera e proprietaria, gli aveva appena offerto, poi riprese a parlare.

“Dovete sapere, e gli avventurieri più esperti già lo sanno, che quando credete di aver portato a termine un compito, come ad esempio è stato il nostro al maniero di Greystaff, dovreste ancora aspettarvi il peggio. Noi lo abbiamo imparato a nostre spese, perchè ad attenderci all’uscita dal maniero, nascosta nel bosco, c’era un’insidia più grande di tutte quelle che avevamo affrontato sino a quel momento: un gruppo di agenti Zhentarim pronto ad assalirci! Erano tre forti combattenti ed il quarto, il loro capo, era un abile mago che continuava a lanciarci magie e poi subito nascondersi tra gli alberi. Devo ammettere che fu Kal il nano, tra noi, a mantenere più di tutti il sangue freddo: si accorse del pericolo in tempo e si mosse in maniera tale da contrastare, insieme a me e Dragan guidandoci con ampie bracciate, la carica dei tre guerrieri Zhentarim. Era la prima volta che il nostro gruppo dovette combattere uomini, e mi posso permettere di dire che, nonostante fossimo stati sorpresi, ci destreggiammo piuttosto bene. I tre caddero uno dopo l’altro, mentre ci volle un po’ più di tempo per riuscire ad avere la meglio sul mago, ma alla fine Dragan riuscì a raggiungerlo e a colpirlo mentre fuggiva.  Ma perchè ci avevano attaccato? E come potevano sapere che noi eravamo lì? Probabilmente ci avevano seguiti e attendevano che uscissimo con qualche bottino dal maniero. Conosco come si comportano gli agenti Zhentarim, specialmente i cercatori di tesori, ho avuto altre esperienze in passato. Ma in questo caso probabilmente erano sulle nostre tracce da un po’ di tempo, perchè trovammo, dentro una loro borsa, un foglio di pergamena con un disegno: uno schizzo del mio volto. Mi stavano cercando!” Un signore seduto ad un tavolo interruppe il racconto chiedendo ad alta voce: “E perchè mai, messer Eilandur, eravate ricercato dagli Zhentarim?” Il bardo sapeva bene il motivo: lui era un Arpista, nemico giurato di tutte le organizzazioni malvagie del Faerun. Tuttavia non aveva intenzione di sbandierarlo ai quattro venti e dopo un piccolissimo attimo  di esitazione rispose: “Come vi ho detto poco fa, nel mio passato ho avuto altre esperienze con gli Zhentarim, gentile signore. Ma si tratta di altre avventure che andrebbero narrate a parte, ora non c’è tempo, dunque fatemi continuare, c’è ancora molto da raccontare”. Eilandur proseguì e non fece nemmeno menzione di quell’oggetto strano, quel lenzuolo ricamato che trovarono tra gli averi dei nemici caduti: scoprirono ad Essembra che si trattava di un oggetto magico, un “lenzuolo di rimpicciolimento”, capace di rendere minuscolo un qualsiasi corpo solido che fosse avvolto al suo interno, e pensò che fu meglio non citarlo nei propri racconti, pur sapendo che avrebbe contribuito ad alzare l’interesse degli ascoltatori, per evitare guai con eventuali ladri e agenti di associazioni malvagie.

“Così preparammo il nostro carro e tornammo sulla strada di Rauthauvyr, diretti verso Essembra. Per l’ennesima volta passammo accanto a quello stradello verso est e a quel cartello indicante ‘Per il maniero di Aencar’. Questa volta Lucy non si trattenne e mi domandò: - Eilandur, chi è Aencar? -
Io rimasi un po’ sorpreso dalla domanda ma d’altra parte Lucy era poco più di una ragazzina sembiana e non mi meravigliai oltremisura per il suo poco sapere di storia delle Valli”. Così dicendo Eilandur però evitò la brutta figuraccia agli altri membri del gruppo: infatti anche tutti loro non sapevano chi fosse Aencar prima che lui ne parlò rispondendo a Lucy! “Risposi alla giovinetta: - Aencar fu il Re Incappucciato, l’unico che riuscì a fare delle Valli un regno unito, nel 1038 secondo il nostro Calendario. Solo Archendale e Highdale rimasero fuori dal suo controllo. Aencar fu un re buono, saggio, umile e amato, governò non stancandosi mai di combattere i mostri, i briganti, gli sfruttatori e gli agenti malvagi e corrotti. Fu maledetto da un malvagio stregone e fu costretto a nascondere il suo viso dietro una maschera e un cappuccio rosso: ecco perchè veniva chiamato ‘l’incappucciato’. Purtroppo il suo regno durò poco, perchè nel 1044 Aencar fu ucciso da un dracolich, un drago non-morto, nel corso di una festa. Seguendo questo stradello si arriva al suo maniero, il luogo da dove regnava, pieno di torrette, di giardini e edifici, molti dei quali ancora in ottimo stato: pensate che una sezione viene ancora utilizzata per ospitare il grande festival di Scudiuniti, il quale si tiene ogni quattro anni. La tenuta principale del maniero, invece, non è in buone condizioni ed è pericolosa perchè negli anni passati spesso vi si sono insediati mostri provenienti da qualche oscura zona della foresta -
Quando la mia spiegazione terminò, vidi che i miei compagni erano assai pensierosi. Dopo qualche minuto di silenzio, Banedon alzò il capo e disse, a bassa voce: - Interessante questo maniero. - Subitò allora Dragan trovò l’occasione di esprimere ciò che da molto tempo pensava:
- E’ inammissibile che un luogo così importante e simbolo di un potere che fu forte e giusto sia ora in mano a mostri e che il festival di Scudiuniti necessiti di uno schieramento di forze di sicurezza immenso. Questo accade solo perchè nessuno ha il coraggio di esplorarlo a fondo. Andiamoci noi! Abbiamo già sradicato il male da un maniero, facciamolo con un altro se necessario! – Il ragazzo guardava gli altri, in particolare me e Kal. Io trovai prezioso il suo coraggio ed il suo entusiasmo, per cui risposi: - La tua potrebbe essere un’idea giusta, Dragan. Io son favorevole ad un’esplorazione. –
Kal il nano era anche più convinto: - Andiamo, conquistiamo il maniero e quando arriverà il prossimo festival di Scudiuniti lo affitteremo a carissimo prezzo ai governanti delle Valli! – Banedon esclamò divertito: - Giusto! – Anche Lucy rideva mentre Loreena, seria, scuoteva la testa.

Quando la sera arrivammo ad Essembra eravamo molto stanchi fisicamente, ma i pensieri di molti di noi erano già dominati dalla prossima esplorazione del maniero di Aencar, la nostra seconda impresa! Alcuni di noi sognavano gloria, prestigio, fama, altri volevano semplicemente fare qualcosa di giusto o, ancora, soddisfare la propria curiosità. Alla Green Door, a mio avviso la migliore locanda di Essembra, aspettammo Dragan il quale era andato al santuario del suo dio Tempus. Al ritorno del ragazzo cenammo e ascoltammo il formidabile racconto della visione di Mielikki all’eroe Florin Falconhand, raccontato dalle bellissime e bravissime mezz’elfe che gestiscono la locanda, tanto brave quasi come la nostra Jaele. La mattina successiva, 28 Eleint, eravamo già pronti e riposati per ricondurre il nostro carro lungo la strada di Rauthauvyr, in direzione sud. Il viaggio fu comodo e tranquillo, il tempo sereno. L’unico incontro una volta allontanati dalle vicinanze di Essembra fu con una pattuglia di Uomini del Lord. Nel primo pomeriggio imboccammo lo stradello verso est e dopo una dozzina di minuti, forse venti, arrivammo al maniero di Aencar: le rovine conservavano ancora un’aria di possenza e di ricchezza, dovuta probabilmente alla grande dimensione e alla bellezza del complesso di un tempo. Poco rimaneva ormai della bassa muraglia esterna di carattere ornamentale; ora, piena di rampicanti, lasciava pienamente intravedere quelli che un tempo erano gli splendidi giardini interni, immensi. Una grande villa, edificio principale ora in rovina e senza tetto, era al centro di tutto il complesso, ma una serie di altri numerosi edifici erano qua e là per il giardino: torrette, magazzini, altre residenze. La villa centrale era quella nelle peggiori condizioni. Molti alberi ed arbusti secchi e morti davano all’atmosfera qualcosa di spettrale, desolato e morto. Ricordo benissimo il commento di Lucy: - Pensate che brividi, venire qua di notte! -

Miei attenti ascoltatori, è per me arduo ora dovervi spiegare cosa diresse la nostra attenzione e i nostri passi con così tanta sicurezza, quando appena un istante prima di arrivare con il nostro carro non avevamo una minima idea di dove far cominciare la nostra esplorazione. Io sono convinto che non fu il caso a guidarci.. fu qualcos’altro, forse una forza invisibile, intangibile. Il risultato fu che, dopo aver nascosto il carro dentro la foresta e legato i cavalli a tronchi di alberi, con decisione superammo la muraglia esterna in una sezione talmente in rovina da essere quasi inesistente, e ci inoltrammo nei giardini interni, dove non fu semplicissimo per qualcuno di noi districarsi tra l’erbaccia altissima. Una volta raggiunta la villa centrale, oltrepassammo il portone d’ingresso il quale era completamente divelto. L’interno era in condizioni disastrose e ci rendemmo conto subito che era impensabile, anche con notevoli sforzi economici, poter ristrutturare l’edificio. Ed ecco perchè cercavo di farvi capire che è tuttora un mistero anche per noi il modo in cui scoprimmo i sotterranei del maniero: qualcuno dei nostri, non ricordo chi, camminando spostò involontariamente con la gamba un mucchietto di detriti, e alcune roccie che erano appoggiate a questi iniziarono a cadere e così le loro vicine. Si alzò molta polvere specialmente a ridosso del terreno ed i nostri occhi iniziarono a vedere molto poco, eppure le nostre orecchie percepirono che non solo alcuni detriti si erano spostati, ma anche qualche mattone del pavimento era crollato e caduto verso il basso. Scoprimmo così casualmente un passaggio per una zona sotterranea del maniero e appena il polverone si fu calmato iniziammo a cercare un modo sicuro per calarci nei sotterranei facendo uso di corde.  Ci volle molto tempo per fare ciò e non voglio tediarvi raccontandovi i nostri numerosi tentativi e manovre, ma alla fine ci riuscimmo. Vi prego di non farmi narrare nei dettagli nemmeno il successivo avvenimento della nostra impresa, perchè ne conservo un ricordo spiacevole e ancora molto fresco. Vi basti sapere che alcune creature tremende, pipistrelli giganti assetati di sangue, attendevano nell’oscurità di un grosso cavernone e ci assalirono nei sotterranei appena iniziammo a calarci e soltanto con numerosi sforzi e qualche ritirata riuscimmo, il giorno successivo, ad avere infine la meglio su di loro uccidendoli uno dopo l’altro. Così potemmo avere libera strada per poter esplorare al meglio e con tranquillità la grossa caverna sotterranea. Ora lasciate che la mia voce riposi qualche istante, prima di continuare il racconto”

Eilandur voleva fare una pausa ma qualcuno nel pubblicò brontolò educatamente. Così si limitò a bere un sorso d’acqua, prese il suo liuto, si sedette su uno sgabello di legno e iniziò a pizzicare le corde dello strumento, dando vita ad un breve intermezzo musicale prima di riprendere il suo racconto. Suonò una musica lenta e suggestiva, piena di armonie ricercate e molto ricche. Molti ascoltatori apprezzarono la sua maestria nell’improvvisare. Finita l’esecuzione, riappoggiò lo strumento e si alzò.

“E così quel giorno, uno degli ultimi di Eleint, noi avventurieri scoprimmo, guidati dal fato, i sotterranei del maniero che un tempo fu la residenza di Aencar l’incappucciato, uno dei Re più giusti della storia dei Reami conosciuti. Eravamo io, Eilandur Bergenor, mia sorella Loreena Bergenor, Kal il nano, Banedon lo gnomo, la giovane Lucy e Dragan il chierico combattente. L’esplorazione dei sotterranei, che inizialmente erano grosse caverne naturali, ci portò in luoghi creati invece dall’uomo: porte, stanze, candelieri, tavoli, altari. Sembrava una sede sotterranea di qualche setta od organizzazione segreta, e così era! Pensate: proprio sotto il famoso maniero di Aencar vi era un covo di Cultisti del Drago! Si, ascoltatori, avete sentito bene. I terribili Cultisti del Drago, setta segreta e malvagia la cui rete si espande su gran parte dei Reami, costituita da pazzi fanatici, seguaci delle più oscure divinità e alleati di dragoni malvagi che vorrebbero il mondo da loro governato. Nei corridoi di quel luogo corrotto ci imbattemmo in un uomo di mezz’età che indossava una lunga veste sacerdotale bianca. Era alto e dalla corporatura molto robusta. La sua pelle era chiara, bianca quasi come il latte, i suoi occhi impenetrabili erano sempre semi chiusi. Quando ci vide ebbe un sussultò ma si ricompose in fretta, mostrando un grande controllo. Kal, che sapeva di essere in un luogo malvagio e aveva la sua ascia sempre pronta, lì per lì non si trattenne e con un balzo scattò verso di lui colpendolo e procurandogli una ferita all’avambraccio. L’uomo, reagendo con molto controllo al dolore, in fretta si ritirò di qualche passo e, portando una mano alla ferita per fermare il sangue che usciva, disse: - Fermi! Fermi, perchè mi colpite a morte? Volete uccidere chi nemmeno conoscete? - Kal fermò il suo impeto ma, con l’ascia sempre tenuta salda a due mani, era a un metro da lui, tesissimo e pronto a scagliarsi di nuovo contro l’uomo al minimo passo falso. Io, che ero qualche passo dietro il nano, vedevo che a fatica riusciva a controllare il suo istinto. Poi però disse: - Umano, creatura infima che si nasconde nell’oscurità, dicci chi sei e quanti come te vivono qui e meritano di morire! -. L’uomo era molto astuto e la sua voce era calma e sicura. Dopo qualche istante, rispose: - Il mio nome è Jontan Kliver, e con me altri sette poveri uomini si trovano quaggiù. Aiutateci, avventurieri: nessuno di noi vorrebbe essere qua. Vi prego, ascoltate la mia storia -. Le parole dell'uomo sembravano sincere e disperate, così lo fecimo continuare. - Ognuno di noi -disse- vorrebbe poter rivedere la luce del sole ma colui che ci tiene imprigionati è un potente stregone e con la magia ci sta costringendo a rimanere qui ed a lavorare per lui. E quindi senza il nostro volere stiamo agendo per conto dei Cultisti del Drago. Tale stregone ci catturò sottraendoci alle nostre vite e ai nostri cari ormai da molto tempo, del quale abbiamo perso il conto: da anni siamo sepolti in questo luogo maledetto! Voi siete avventurieri e gli dei siano ringraziati perchè vi hanno mandato da noi a salvarci, proprio quando il nostro tiranno non è presente. Vi prego, con tutto il mio cuore, liberate me e i miei compagni da questa disgrazia! Aiutateci e gli dei vi benediranno. Da parte mia vi prometto tutto l’oro che questo covo possiede -
Il racconto dell ’uomo sembrava straordinariamente veritiero. Ci mostrò le sue braccia e le sue gambe martoriate da tantissime ferite e cicatrici, spiegandoci che tali atrocità erano il risultato della follia spietata dello stregone che li comandava. Kal chiese infine: - Dateci l’oro e faremo ciò che dobbiamo fare per liberarvi. - L'uomo rispose: - Dovete andare dove si trova ora lo stregone ed ucciderlo: soltanto la sua morte può far terminare la maledizione che ha lanciato su di noi. E soltanto la chiave che lui possiede apre una porte sigillata da lui magicamente all’interno di questo covo: oltre la porta è celato tutto l’oro che sarà vostro. Lui ora si trova alla torre di Dracandros, nel villaggio di Hap. Non conosco il suo nome perchè da quando ci ha catturato non l’ha mai rivelato, ma è un uomo di qualche anno più vecchio di me, alto e completamente pelato. Andate, non c’è molto tempo! Gli dei vi abbiano a cuore e vi proteggano sempre! -

Le parole dell’uomo ci convinsero e accettammo di partire per Hap, a caccia dello stregone, capo di quel covo di Cultisti del Drago. Uscimmo da quei sotterranei e iniziammo il viaggio il giorno stesso, 29 Eleint 1367. Hap era soltanto a qualche giorno di cammino.